Mons. Andrea D’Agostino, vescovo di Ariano di Puglia
di Raffaele Scarpellino
Nascita e formazione spirituale, intellettuale e umana
Sono trascorsi ben 109 anni dalla morte di mons. Andrea D’Agostino, così mi è stato chiesto rendere nota la sua figura; in poche righe spero di donarvi la curiosità di approfondire questo importante personaggio.
Andrea D’Agostino nacque ad Avellino il 17 dicembre 1838 da Giacinta De Capua; il papà Girolamo fu un ingegnere molto distinto, data l’illustre e antica casata avellinese. Nel 1841 l’8 giugno nacque suo fratello Alfonso.
Sin dalla tenera età Andrea mostrò una particolare devozione alla Vergine Maria, inculcata dalla famiglia non solo per spirito cristiano, ma per nobiltà del casato “essendo cavaliere”. Conclusi gli studi letterari, guidato dai maestri sacerdoti Luigi Barbaro e Giuseppe Piemonte, per le classi elementari, Vitangelo Ferrara, per la letteratura superiore e la filosofia e Felice De Martino, per il greco e il latino, in giovane età sentì dentro di sé la chiamata al sacerdozio.
il 27 dicembre 1857, vestì l’abito dei Preti della Missione vincenziana, nella celebre casa dei Vergini di Napoli. Egli produsse numerosi frutti, rispettando il voto di obbedienza, ai Superiori, e impiegando la giornata nell’orazione e nello studio. Il 24 marzo 1860 nella cattedrale di Napoli ricevette la tonsura, i quattro ordini minori e il 30 marzo prese i voti. Il 2 giugno seguente fu ordinato suddiacono nella cattedrale, dal cardinale Sisto Riario Sforza; il 22 dicembre, diacono, nella chiesa dei Vergini per le mani di mons. Francesco Paolo Lettieri, vescovo di S. Agata dei Goti ed il 1 dicembre, ordinato sacerdote con dispensa di tredici mesi dell’età.
Fu un uomo di grande ingegno, parlava il francese, il tedesco e scriveva da ottimo letterato italiano. Ai suoi scritti, infatti, impresse purezza di lingua, saldo di pensiero e uno stile che si scosta dall’ottocento. Iniziò subito per Andrea un’ascesa, che lo portò inizialmente a fare apostolato, tra gli abissini, essendo ammiratore del San Giustino De Jacobis, di cui aveva sempre desiderato seguirne le orme.
I suoi superiori, conoscendo la sua solida preparazione culturale, benché giovanissimo, lo destinarono ad essere docente di filosofia nel seminario di Roccasecca D’Aquino (Frosinone); dove, per quattro anni, tutti ne ammirarono l’ingegno e la cultura, infatti, i suoi alunni subito gli si affezionarono per i suoi modi gentili e amorevoli. Fu mandato, poi, ad insegnare in Prussia Renana; poi a Köhln Banhof, presso Colonia e in seguito in Belgio. Anche in questi luoghi ebbe tanta stima e affetto.
Iddio che sempre esaudisce i nostri voti quando sono conformi a giustizia e santità, non volle che rimanesse del tutto insoddisfatto, quello ardentissimo cuore di Andrea; ed infatti, dalla Prussia, col beneplacito dei superiori, poté incamminarsi verso la parte settentrionale di quell’immensa regione, e fissarvi residenza nel Gran Seminario di Comba d’Algeri in Algeria. Certamente provò una grande gioia, essendo l’apostolato suo desiderio, e, forse, anche il martirio! Sotto i raggi infuocati del sole, affrontando ogni difficoltà si spostava sempre; ora a catechizzare; ora a battezzare i catecumeni. Fu portatore di pace tra gli efferati componenti di diverse fazioni, ed estremi conforti religiosi in qualche capanna. Dopo tre anni dovette tornare in Europa, Fu destinato alla direzione del seminario di Nizza. Fu predicatore molto rinomato di missioni ed esercizi spirituali (Campania, Calabria, Sicilia, Puglia).
L’episcopato
Il 1 giugno del 1888, per il trasferimento di mons. Francesco Trotta alla chiesa di Teramo, la sede di Ariano si rese vacante, Sua Santità Papa Leone XIII, gli affidò la diocesi. Il governo Crispi decise nonostante le pressioni esercitate dal deputato di Ariano, barone Anzani, di non riconoscere il D’Agostino, in quanto si riteneva che erano stati offesi i diritti della Corona. Soltanto il 1° marzo 1891, caduto Crispi, il ministro Luigi Ferrarsi, guardasigilli del nuovo governo presieduto da Rudinì, provvide a sanare la situazione concedendo la nomina.
Pur di essere esonerato dall’accettare l’episcopato; presentò, anche vari motivi di salute, ma il Santo Padre fu irremovibile ed è ben noto, che in udienza, gli abbia rivolto le seguenti parole:
monsignore, vada pure in Ariano, che l’aria di quei monti le farà bene.”
Accettò, prendendo su di sé i vari problemi della diocesi, e nel concistoro del 1 giugno fu solennemente elevato alla dignità episcopale di vescovo di Ariano. La consacrazione, gli venne conferita l’11 di giugno del medesimo anno, dal cardinale Carlo Laurenzi nella chiesa dedicata alla Santissima Trinità in Roma; vescovi consacranti: l’arcivescovo di Perugia e mons. Francesco Trotta.
Indossò sempre l’abito missionario, spesso sdrucido, riservando quello episcopale solamente quando richiesto dal cerimoniale. Arredò il palazzo con elegante semplicità, senza fasto; fu sempre frugale nel pranzo, e per quanto li comportava la sua dignità non si serviva del cameriere. Nella trattazione degli affari, nella soluzione dei dubbi, che a lui si proponevano, come Vescovo non solo, ma anche come profondo filosofo e teologo, il suo parere era sempre dato con modestia, accompagnando egli le risposte con queste frasi: «se le pare», «che ne dice», «sarebbe meglio così», «lasciamo stare», «veda lei».
Rinunziò parecchie volte all’offerta di sedi episcopali più cospicue, e a volte voleva anche rinunciare a quella di Ariano, per tornare a fare il missionario tra i suoi confratelli. Nel 1909, scrivendo al Santo Padre, per implorare la benedizione a favore di un chierico bisognoso e annunciarli la data della prossima visita ad Limina, lo pregava pure di accettare la rinuncia al vescovato.
Sua Santità, invece, con la caratteristica sua, gli rispose di proprio pugno così:
Ill. mo e Rev. mo Mons. e Ven Fratello, ho spedita la di Lei dimanda pel Chierico….
All’Ecc. mo Rettore, per conoscere, se ci sia disponibile alcun posto gratuito. Quanto all’altro argomento, di cui tratta la Sua lettera, La vedrò volentieri nel prossimo mese di settembre, e son certo che potrò persuaderLa a combattere da capitano valoroso nel campo che dalla Provvidenza Le venne assegnato.
Stia di buon animo e La conforti l’Apostolica Benedizione, che le impartisco di cuore.
Lì 26 agosto 1909, Pius P. P. X A Monsignor Andrea D’Agostino Vescovo di Ariano.”
Quando partì da Ariano per problemi di salute, l’omaggio più gradito al suo cuore fu quello degli umili, i poverelli, che sentivano quasi il presagio della sua dipartita terrena, con insistenza si fecero innanzi alla carrozza per vedere, per benedire l’ultima volta l’insigne benefattore.
Le sue ultime parole prima di partire furono degne di un santo:
Siate umili, spogliatevi di tutto, e v’incamminerete alla via del Cielo. sulla quale io mi avvio a gran passi! Ve l’ho ripetuto, perché lo ricordiate e lo predicate a tutti!”
I suoi sermoni, “recitati moltissimi in mezzo alla gente”, sembravano essere tanti piccoli poemi.
Nel 1895 stesso anno, riprese il restauro della cattedrale, spendendovi molte migliaia di lire; e la riaprì al culto con la solenne celebrazione della festa di Sant’Ottone, la domenica 19 aprile 1896. Nel 1903 indisse col decreto del 3 maggio, il Sinodo Diocesano per la domenica della Santissima Trinità Trinità. Il secondo Sinodo si svolse nei giorni 19, 20 e 21 del maggio 1910, senza processioni esterne per l’apertura e la chiusura, e con l’intervento di sei soli parroci, oltre il Capitolo della Cattedrale.
Mons. Andra D’Agostino e le Suore dello Spirito Santo
Suor Giuseppina Arcucci incontrò il nuovo vescovo ben tre anni dopo dalla sua elezione. Mons. D’Agostino consacrò questa nuova associazione allo Spirito Santo, formando una nuova famiglia religiosa, chiese di pregare e di attendere. Fece intraprendere, a Suor Giuseppina e alle quattro compagne, rimaste con lei, il noviziato e, dopo alcuni mesi, fece indossare loro il nuovo abito religioso. Scrisse di proprio pugno, la Regola il 2 febbraio 1896, considerata, poi, come la data di nascita della Congregazione. Nello stesso periodo mons. D’Agostino fece pervenire da Colonia, in Germania, un simbolico quadro, che rappresentava la missione dello Spirito Santo, e l’affidò alla nuova Comunità.
La scelta della denominazione “Suore dello Spirito Santo” è intimamente legata ad una viva devozione alla Terza Persona della Santissima Trinità da parte di monsignore. Questi cercò di trasmettere, nell’animo delle Suore e di tutto il popolo la sua devozione allo Spirito Santo con semplici catechesi, omelie e, soprattutto, con la novena, guidata da lui stesso con tale fervore che muoveva il cuore dei fedeli ad essere sempre più devoto dello Spirito Santo, perciò tutti aspettavano con ansia vivissima l’arrivo della Pentecoste.
Nel 1901, egli provò a fondare anche l’Associazione dei Missionari dello Spirito Santo, scrivendone la Regola e diffondendola tra i sacerdoti della diocesi, ma di ciò non si hanno altre notizie, forse tale iniziativa ebbe breve durata. Mons. D’Agostino muore a Napoli nella Casa dei Vergini il 13 febbraio 1913 per setticemia, la sua salma fu vestita con l’abito dei Vincenziani.
Molte cose andrebbero ancora dette sulla sua figura questo sunto infatti va a sminuire la sua storia che continua a vivere nelle mura arianesi e non solo.
(Per un estratto della prima lettera pastorale di mons. Andrea D’Agostino Confidenze paterne vai qui)
(Per l’elenco degli scritti di mons. Andrea D’Agostino vai qui)